giovedì 31 marzo 2011

Le figure femminili del Risorgimento

Relazione tenuta il 29 marzo 2011 dalla prof. Antonietta Zangardi
presso “Berardi cafè” di San Severo
nell’ambito delle serate culturali del “Centro Einaudi”
in occasione delle celebrazioni dei 150 anni dell’Unità d’Italia


Nel Risorgimento le donne ebbero posizioni marginali? Furono relegate nel ruolo di compagne sbiadite ed insignificanti? Di mogli sedotte? Di zitelle devote? Di amanti? Oppure furono guerriere che si interessarono alle vicende politiche? Collaborarono con gli uomini nelle scelte che determinarono il futuro dell’Italia e dell’Europa? Coprirono ruoli decisionali e primari?
Cosa centrano le donne negli affari di guerra? Cosa nella politica e nella organizzazione degli Stati? Non dimentichiamo che siamo nel Milleottocento epoca in cui la donna era da considerare soprattutto come moglie degli eroi o madre virtuosa. Non dimentichiamo, ancora che fu proprio nel censimento del 1881 che furono inventate “le casalinghe”.
Tutte queste domande ci siamo poste per iniziare la ricerca delle donne che presero parte attiva al Risorgimento, perché nelle celebrazioni dei 150 anni dell’Unità d’Italia, pochi si occupano delle donne che volevano essere italiane, presi come sono dagli eroi, dagli uomini che segnarono la nostra storia del Risorgimento.
Ecco che abbiamo cercato e trovato un po’ di donne che furono vere protagoniste della Storia del Risorgimento. Furono eroine e combattenti, ambasciatrici e rivoluzionarie. Si sono interessate di politica usando anche il sistema millenario del fascino femminile. Uscirono dai salotti e salirono sulle barricate, in una mobilitazione che è stata ingiustamente rimossa.

Cominciamo la breve carrellata con la donna simbolo del Risorgimento: Anita legata al grande Giuseppe Garibaldi in una storia d’amore, la più famosa di tutto il Risorgimento.
Un insigne studioso, Alberto Mario Banti, nota che Anita occupa circa dieci pagine delle centinaia delle Memorie, comprese quelle assai toccanti, ma un poco sbrigative della fuga da Roma, con lei incinta e malata, e della morte. Il vero protagonista di questa storia d’amore fu Garibaldi, perché la presenza di Anita nella sua vita fu devota e silenziosa.
Garibaldi era preso dalla seduzione della donna guerriera e nelle sue truppe non mancarono mai ragazze scappate di casa, travestite da uomo e pronte ad immolarsi in battaglia, come fece la ventenne Colomba Antonietti, che combattè a fianco del giovane marito ufficiale finché una cannonata le spezzò la schiena, mentre difendeva Roma dalle truppe francesi.
La presenza di queste donne erano eccezioni che la storiografia ufficiale ignorò.
Le donne di Giuseppe Mazzini furono abbastanza devote e silenziose, scapolo circondato da amiche, amanti ed alleate devotissime, come Giuditta Sidoli, che per seguirlo venne privata del diritto di vedere i figli e fu più volte arrestata.
Grande figura femminile fu la madre, Maria Mazzini Drago, che faceva sorridere i contemporanei a causa della sfrenata ammirazione riservata a qualunque prestazione dell’unico figlio maschio, dai voti di scuola, fino all’esilio. Interveniva nella sua vita sentimentale tenendogli la corrispondenza con un nugolo di amiche inglesi.
Virginia Oldoini, passata alla storia come la Contessa di Castiglione fu la più bella donna del secolo, che ha fatto l’Italia ed evitato al Papa di dover fuggire da Roma.
Donna straordinaria, molto in anticipo sui tempi, bellissima ed emancipata; innovò la corte incartapecorita di Torino e meravigliò quella brillante di Parigi: Cambiò la moda e i costumi sociali, e non solo, ciò che è più sconvolgente è che “fece politica”. Il suo contributo alla causa italiana, ingigantito dai divulgatori, fu ignorato dagli accademici in quanto sia le lettere che i documenti e le pagine di diario sulla sua relazione con l’imperatore Napoleone III furono distrutti dopo la sua morte.
Il cugino Camillo Benso, conte di Cavour l’aveva inviata a Parigi con l’obiettivo di entrare nelle grazie dell’imperatore. Solo lei con la sua bellezza e la sua spregiudicatezza poteva riuscirci. Il geniale Costantino Nigra, altro protagonista, accorto diplomatico del Risorgimento, ma poco ricordato, creò alla corte di Parigi un clima di attesa che la contessa saprà ben sfruttare. Virginia aveva solo diciotto anni ed aveva già incantato Torino. Il suo declino fu malinconico, resterà la storia di una donna dalla modernità incompresa e strumentalizzata dai suoi contemporanei.
Si poteva essere ammesse al Pantheon, in quanto mogli dell’eroe e così fu per Teresa Confalonieri, colta e raffinata, angosciata dopo aver convinto l’imperatore a commutare la condanna a morte del marito Federico Confalonieri, nel carcere a vita da scontare nella fortezza dello Spielberg.
Grande donna anche la madre del Confalonieri, Adelaide Cairoli, che aveva perso quattro dei suoi cinque figli maschi, senza mai smettere di incitarli all’amor di patria.
Amica di Teresa Confalonieri fu Antonietta De Pace, di Gallipoli. Fervente mazziniana, ardita e prudente, indomita e battagliera, prese parte attivamente ai moti del 1848, in terra d’Otranto. Istintiva e coraggiosa, donna moderna, senza tempo, lottò per il riscatto del suo popolo. Essendo nobile e ricca, istruita e bella, non aveva bisogno di cercare gloria, eppure non esitò a mettere in gioco tutto ciò che possedeva per combattere la tirannia e le ingiustizie.
Negli archivi troviamo lettere di eroi alle loro donne, non quelle di queste ai loro amati. Le lettere e le biografie delle donne subivano la censura prima della famiglia e poi quella della memoria.
Laura Guidi, docente dell’Università Federico II di Napoli, ha ricostruito uno scandalo avvenuto nel 1847, quando Enrichetta Di Lorenzo di 27 anni, sposata e madre di tre bambini, piantò tutto e fuggì con Carlo Pisacane, con due pistole pronte per il suicidio di entrambi nel caso li avessero arrestati. Condivisero un decennio di vita errabonda e di progetti rivoluzionari che lei valutava con maggiore lucidità di lui, tanto da opporsi con durezza alla spedizione di Sapri, dove Pisacane morì inutilmente insieme a decine di altri patrioti.
La scrittrice Marta Boneschi è autrice della biografia di Metilde Viscontini, una milanese borghese, cospiratrice nel 1821, amica del Foscolo e di Stendhal, aveva lasciato un marito violento, rivendicando la supremazia dei sentimenti come ragione d’ogni scelta politica e personale.
Anche la principessa Cristina Trivulzio di Belgiojoso, che si fa confiscare il patrimonio per motivi politici, fugge a Parigi, per un po’ si mantiene lavorando, apre salotti, fonda giornali ed ospedali e, trovandosi a Napoli durante la rivolta milanese del 1848, organizza in pochi giorni un piccolo esercito di volontari per correre in sostegno alla sua città.

Tutte queste sono solo alcune delle tante donne del Risorgimento che si attivarono per l’Unità del popolo italiano. E tutte queste donne sono troppo eccentriche per essere dei modelli. È per questo che furono dimenticate?
Sulle barricate delle cinque giornate morirono moltissime donne del popolo. Maria Canella, storica dell’Università di Milano, ricorda che il decesso “per fucilate” di molte donne fu registrato nell’Archivio di Stato. L’artigiana Luisa Battistotti Sassi, disarmò un soldato austriaco, ne catturò altri cinque con la sua pistola ed espugnò un deposito di munizioni sul Naviglio.
La condizione femminile dell’Ottocento era concentrata sul lavoro, molte le attività commerciali gestite da donne, aumentarono le maestre, le infermiere, le impiegate, le modiste. Nessuna di esse finì nei libri di Storia. Si riconosceva il lavoro maschile, alle donne si chiedeva di lavorare per “costruire la nazione”, valorizzando la loro missione naturale di educatrici e madri. Ecco perché parliamo di figure femminile, perché il ruolo delle donne era relegato a quello di educatrici che dovevano curare la mobilitazione delle coscienze per avviare un processo di identità nazionale, il cambiamento dei costumi e dei sentimenti del popolo italiano.
Per il resto la storia delle donne è arcinota a tutti: al voto ci arrivammo nel 1946, quarant’anni dopo la Finlandia.