venerdì 4 gennaio 2013

Un albero con le radici in Cielo ed i frutti sulla terra


Il 21 dicembre abbiamo ricordato i trent’anni della dipartita di Anna Maria Zangardi, chiamata da tutti Maria nella Parrocchia di S. Placido Martire a Poggio Imperiale.
Durante la celebrazione della S. Messa il Parroco, don Luca De Rosa, pur non conoscendo la figura carismatica di Maria, il suo amore per la Chiesa, la dedizione, l’umiltà e la costante disponibilità verso gli altri, verso gli ultimi, ha sottolineato l’importanza del ricordo nella Chiesa di quelle persone che hanno sempre svolto un ruolo di servizio nella storia della parrocchia.
La dott.ssa Titti de Nucci ha voluto ricordarla scrivendo una pagina, letta dopo la celebrazione dalla prof.ssa Maria Bove, delineando la personalità di Maria e la sua costante e discreta presenza nella parrocchia.
Di seguito riportiamo il significativo ricordo della dott.ssa De Nucci.

<<Ricordare Maria oggi, a trenta anni dalla sua morte significa, prima di tutto, non tradire la sua autenticità, significa non lasciare spazio né alla retorica, né alla tentazione dell’enfasi che inesorabilmente ci fa ricordare solo le cose positive di chi non c’è più.
Il 21 dicembre di 30 anni fa, si compiva l’ultimo atto del cammino in terra di Maria, in compagnia di una malattia breve e violentissima che non aveva consentito nessuna possibilità di cura, né quasi aveva dato il tempo di comprenderne l’irreversibilità.
Mentre Maria entrava nell’eternità alla vigilia di quel Natale del 1982 e, con le parole del Papa Benedetto XVI si concretizzava il saluto dell’angelo alla futura madre di Gesù, che, secondo il Papa, è “un invito alla gioia, a una gioia profonda e annuncia la fine della tristezza che c’è nel mondo di fronte al limite della vita, alla sofferenza, alla morte, alla cattiveria, al buio del male che sembra oscurare la luce della bontà divina”, di sicuro ella non lasciava solo il suo Poggio Imperiale! Quel “Tarranov” per cui, nei campi scuola dell’Azione Cattolica si era composta pure una canzone!
C’è un’immagine molto bella che dice che i santi sono alberi con le radici in Cielo ed i frutti sulla terra; siamo certi che Maria, dopo aver piantato le sue radici in cielo non ha mai smesso di far ricadere i suoi frutti su Poggio Imperiale. È vero che ci ha lasciato il suo esempio, la testimonianza della sua Fede semplice, certa, autentica, solida, ma è altrettanto vero che la sua presenza spirituale, la vicinanza e l’amore per le vicende di questo paesino si è sempre avvertita.
Durante la sua vita ha sempre condiviso problemi e gioie di ognuno, con una presenza che non invadeva, ma che garantiva la discreta e solidale vicinanza. All’interno della vita parrocchiale, della vita associativa dell’Azione Cattolica, dell’impegno educativo verso i bambini ed i giovani, Maria era una presenza certa, scontata, non banale, ma propositiva e fattiva. Si trattasse dell’impegno di preghiera, di azione o di testimonianza, Maria c’era. In Chiesa Maria aveva il suo posto fisso, tanti hanno fatto fatica ad abituarsi alla sua assenza in Chiesa. La sera un folto gruppo di giovani e donne si trovava in Chiesa per la “Benedizione” ed intonava con don Giovanni senior il Tantum Ergo, al termine si facevano quattro chiacchiere sul sagrato, qualche volta un gelato e due passi e così si compiva “la movida della sera del villaggio”.
Nei periodi liturgici più significativi bisognava incontrarsi più spesso, talvolta anche tutti i giorni, per organizzare, prepararsi e Maria era quella che catalizzava l’impegno di tutti e soprattutto non risparmiava energie, servizio, risorse, esempio per tutti di generosità sincera e totale. Vederla alle prese con spazzoloni e scope per tirare a lucido le Chiese o il Salone era per tutti esempio di umile servizio e vivente traduzione della lettera di San Paolo ai Corinzi “ la carità è paziente, è benigna la carità, non è invidiosa la carità, non si vanta, non si gonfia, non manca di rispetto, non cerca il suo interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell’ingiustizia, ma si compiace della verità. Tutto copre, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta.” Maria è stata veramente tutto questo nella sua autenticità.
Nell’udienza generale di mercoledì scorso (19 dicembre 2012), in vista del Natale il Papa ha fatto delle considerazioni che ci piace pensare dette anche per Maria: “Quanto più ci apriamo a Dio, accogliamo il dono della fede, poniamo totalmente in lui la nostra fiducia – ha assicurato il Papa additando come esempio Abramo e la Madonna - tanto più che egli ci rende capaci, con la sua presenza di vivere ogni situazione della vita nella pace e nella certezza della sua fedeltà e del suo amore”. A patto, però di “uscire da se stessi e dai propri progetti, perché la parola di Dio sia lampada che guida i nostri pensieri e le nostre azioni”.
Sembra proprio che il Papa parli di Maria Zangardi quando dice che “il sì di Maria alla volontà di Dio, nell’obbedienza della fede, si ripete lungo tutta la sua vita, fino al momento più difficile, quello della Croce”.>>

Grazie Maria per la tua vita, grazie per la tua testimonianza, la tua costante gioia, il tuo ottimismo. Grazie Signore per avercela donata, togliercela era nei tuoi progetti, per noi imperscrutabili.

Antonietta Zangardi

lunedì 4 giugno 2012

Antonietta Zangardi, Poggio Imperiale Anno 1759, nuovi documenti sulle origini e sulla fondazione



Gli anni compresi nel nostro studio vanno dal 1751, acquisto del feudo di Lesina, al 1765, anno in cui, dopo la carestia, vi era un rilancio economico di Poggio Imperiale, colonia agricola fondata nel 1759.
Obiettivo prioritario del nostro lavoro è stato quello di individuare la data di fondazione di Poggio Imperiale, partendo dalle origini quindi dall’acquisto del feudo di Lesina nel 1751.
Ci siamo chiesti come poteva essere il contesto storico e come fosse stato il territorio in quell’anno:
* a Napoli, Carlo III di Borbone e il suo riformismo illuminato;
* a Foggia la ripresa economica e il fervore di ricostruzione nelle attività dopo il terremoto del 1731.
Il territorio era quello descritto nella splendida relazione che fece il tavolario Donato Gallarano, il 4 ottobre 1730 ed allegata alla stipula dell’atto con cui il Ceto dei Creditori dell’A.G.P. cedevano il feudo di Lesina al principe Placido Imperiale, dopo l’asta.
Siamo quindi passati alla presentazione del personaggio – chiave del nostro lavoro: il principe Placido Imperiale, la sua formazione umana e culturale, il suo spirito pragmatico che voleva mettere in atto ciò che a Napoli era in teoria cioè la formazione di una colonia agricola che rispecchiasse i canoni e le teorie economiche proprie dell’illuminismo. Non avevamo, però, intenti agiografici a priori, ma nella lettura dei documenti abbiamo individuato quegli interventi e quelle azioni in cui si poteva riconoscere “ il principe illuminato”, paternalistico e benefattore del suo popolo e nello stesso tempo siamo andati alla ricerca del “feudatario” intento ai profitti e allo sfruttamento del territorio.
Abbiamo rinvenuto una miniera di documenti, non tutti pubblicati in questo libro, ricchi di notizie sia sul secolo che stavamo studiando, che sui protagonisti del nostro lavoro: lettere di supplica per ottenere dei diritti, commissioni di infrastrutture quali il pozzo con i mastri pozzari di San Severo, quattrocento aratri al mastro d’ascia di San Marco, la calce al calcarolo di Scanzano, la richiesta agli scarpentieri di Apricena di foderare con pietre il pozzo, tre maestranze di mastri fabricatori cioè i Romito, famosi ed esperti costruttori di Foggia, per la costruzione di Chiesa e caselle, Stefano Grasso di Torremaggiore per caselle e panetteria, i fratelli Santagata di S. Paolo per altre caselle. Un fermento e un’aria di rinnovamento frenetico nella Valle di S. Severo, là dove prima vi erano i quadroni macchiosi ed arborati, poi la grossa masseria di campo, quindi la nuova Terra di poggio Imperiali, come leggiamo nei documenti.
Dopo la presentazione del Principe, il territorio veniva descritto, in modo particolare dal notaio Giuseppe Nicola Ricci in un atto del 1751, che riportava la presa di possesso del feudo da parte del governatore generale inviato del Principe.
Eppure la cronologia nel nostro lavoro poteva entrare fino ad un certo punto, perché quando ci siamo chiesti se il Principe fosse stato un tiranno o un benefattore, abbiamo dovuto presentare
tutti i protagonisti della piramide feudale formata da pochi patrizi, agenti feudali, notai, governatori generali ( i documenti ci presentano le nomine di quattro governatori dal 1751 al 1765, anni della nostra ricerca, aventi facoltà di amministrare la giustizia col potere di vita e di morte sui sudditi, “mero mixtoque imperio et potestate gladii” ). Alla base della piramide la massa di lavoratori che chiedevano lavoro ed elemosinavano diritti, una microstoria silenziosa, artefice della fondazione di Poggio Imperiale. Abbiamo reso protagonisti del nostro lavoro, assieme al Principe, anche tutte le maestranze, che, con le loro opere e la loro attività, hanno permesso la formazione della colonia agricola.
Nella selezione dei documenti abbiamo raggruppato quelli riferiti a Lesina: il lago era una risorsa del feudo ma il Principe non voleva una colonia di pescatori ma di contadini, ecco perché affittava il lago a pescatori di Manfredonia, la foce di Sant’Andrea a Conforti e Paciello di S. Nicandro, faceva costruire il muro per delimitare la caccia e proprio ai Romito di Foggia toccava realizzare quest’opera, concedeva però delle proroghe di pagamento a dei pescatori con debiti rimasti insoluti per l’affitto di paranze dal 1752 al 1759. Certamente non aveva gradito la richiesta – supplica al Re di Napoli scritta da alcuni patrizi di Lesina l’anno dopo dell’acquisto del feudo, per esimersi dal vassallaggio.
All’indomani dell’acquisto del feudo, gli affitti dei terreni erano concessi senza pretendere la tassa di terraggio per il primo anno, perché si doveva smacchiare e disboscare. Negli atti con gli albanesi, meteore dileguatesi nello spazio di pochi mesi, leggiamo un elenco di concessioni e gratuità. Invece negli affitti degli anni Sessanta del Diciottesimo secolo ritroviamo il feudatario che doveva trarre profitto dal suo feudo e quindi nei cosiddetti patti da osservarsi, presenti negli atti di affitto vediamo elencati tasse e balzelli feudali secondo i dettami della regia dogana di Foggia.
La maggior parte delle attività e delle decisioni del feudo erano prese da governatori ed agenti, procuratori in nome del Principe, per cui tante rivalità ed ingiustizie probabilmente nascevano in loco.
Non ci siamo fermati solo alla presentazione di nuovi documenti, in tutto settantadue, ma abbiamo cercato, alla luce di questi, di rileggere e commentare i documenti già noti: i patti che il Principe stipulò con gli albanesi, la quietatio e la partenza di quelli del secondo patto, il dileguarsi di tutta la colonia e la presenza sporadica di pochissimi rimasti.
Gli obiettivi del nostro lavoro sono stati pienamente raggiunti: Poggio Imperiale non fu fondata per o dagli albanesi del patto del 18 gennaio 1761, ma, come ci conferma anche la copia della relazione per la visita pastorale di mons. Giuseppe Maria Foschi, al loro arrivo vi era impiantato un nucleo di abitanti cosiddetti regnicoli, cioè italiani, già dal maggio del 1759.
Ergo, alla luce dei documenti selezionati e di quelli già conosciuti, nella nostra comunità si è festeggiato un fantasioso duecentocinquantesimo anniversario di fondazione.

Antonietta Zangardi

RIPALTA CROCEVIA DI CULTURE



Grande raduno a Ripalta il 18 maggio per la premiazione di tutti i ragazzi partecipanti al progetto formativo: “Le radici ca tieni” organizzato dal Comitato Festa.

È il terzo anno che il Comitato Festa di Ripalta propone alle scuole secondarie di I grado del territorio un progetto formativo a favore dei ragazzi.
Animato dall’instancabile Franca d’Atri quest’anno sono stati quattro i paesi partecipanti con un totale di 296 ragazzi sul tema “Le radici ca tieni”.
Le scuole coinvolte: L’Istituto Comprensivo di Lesina e di Poggio Imperiale, l’Istituto Comprensivo di S. Paolo Civitate e quello di Serracapriola.
Durante la fase formativa, attraverso la proiezione di un film e l’incontro con gli esperti, i ragazzi delle seconde e terze medie sono stati sensibilizzati sul tema del concorso.
In piccoli gruppi hanno realizzato un elaborato: in tutto sono stati 83 i lavori consegnati consistenti in cartelloni e pannelli illustrati, plastici, poesie, foto, il tutto frutto di studi e di ricerche.
La giuria ha premiato i migliori lavori, esposti nella “Piccola Casa della Pace” in Ripalta e, nella cerimonia di premiazione, a tutti i partecipanti è stato consegnato un CD con i lavori presentati.
Essendo stata tra coloro che hanno attuato il progetto nella scuola di Poggio Imperiale, insieme ad Alfonso Chiaromonte, scrittore di storia del territorio e Fernando Chiaromonte, esperto di tradizioni popolari, ho potuto raccogliere l’entusiasmo e la curiosità dei componenti le tre classi partecipanti al concorso: IIA, IIB e IIIB.
I due giorni dedicati alla presentazione della storia e delle tradizioni popolari sono stati allietati dalla musica del cantore, Michele Saccone che con la sua chitarra ha coinvolto i ragazzi ricordando loro i bei canti dialettali di cui è ricca la nostra cultura.
Gli alunni si sono mostrati molto interessati alle nostre tradizioni ed i lavori presentati sono stati il frutto del coinvolgimento di alcuni professori, i quali, pur non essendo terranovesi, hanno saputo motivare e spronare alla ricerca delle proprie radici, perché, come recita il bellissimo canto salentino da cui è stato tratto il titolo del progetto formativo, Le radici ca tieni:
“ … Se non dimentichi mai le tue radici, rispetti anche quelle dei paesi lontani. Se non scordi mai da dove vieni, dai più valore alla tua cultura … E la vera cultura è saper vivere …”.
Sono stata veramente contenta di aver partecipato a questo progetto e ringrazio Franca d’Atri per avermi coinvolta. Agli alunni auguro di farsi prendere sempre dalla bella malattia della ricerca sulle proprie radici.
Antonietta Zangardi
Docente di materie Letterarie nelle Scuole Sec. di I grado

giovedì 2 febbraio 2012

Il sazio che non crede al digiuno

Bisogna abituarsi a non avere un posto fisso per tutta la vita, parola del Presidente del consiglio Mario Monti. E' più bello cambiare, avere delle sfide....

Certo, avere nuovi stimoli fa bene a tutti, ma si può parlare di cambiare posto di lavoro quando diventa facile riuscire a trovarlo un posto di lavoro.

Il Presidente Monti sicuramente sa che nella situazione in cui si trova oggi l'Italia le sue parole non significano altro che "il lavoro è poco, abituatevi ad avere contratti di 3 mesi a 400 euro lordi".

E' facile parlare di mobilità lavorativa quando si hanno benefit da decine di migliaia di euro al mese, provasse a spiegarlo ad un padre di famiglia, la sua teoria della mobilità lavorativa nell'Italia moderna, dove mobilità significa rischiare di rimanere dei mesi senza lavoro.

Poi la battuta sulla monotonia è veramente fuori luogo, al cittadino italiano non interessa la monotonia sul posto di lavoro ma il lavoro.

Il solito discorso della persona sazia che non crede a quella digiuna

mercoledì 25 gennaio 2012

Michel Martone e il concetto di umiltà

"Se non ti se laureato a 28 anni sei uno sfigato" Parola di Michel Martone, vice ministro del lavoro, figlio di Antonio Martone, magistrato della Cassazione. Uno con i contatti in alto, cosa indispensabile in Italia se vuoi bruciare le tappe.

Uno da consulenze da 40.000 euro su i "problemi giuridici della digitalizzazione delle amministrazioni pubbliche di paesi terzi" per la Pubblica Amministrazione di Renato Brunetta, grazie alle conoscenze i papà.

Uno di quelli che non esalta lo stile di vita di Drugo dei fratelli Coen mentre dovrebbe forse coglierne la serenità, come prerequisito per dare il vero valore alle cose.

Il classico discorso di chi ha la pancia piena e dall'alto della sua tavola imbandita spartisce sentenze nei confronti del prossimo. Certo se nel nuovo Governo c'è gente del genere, non è che si sono fatti grossi passi avanti rispetto al Governo precedente.

Forse molti si laureano tardi perchè devono mantenersi gli studi e non sono ricchi con papà magistrato-con-agganci-in politica-e-nei-salotti-che-contano (tipo le cene della P3)

Certo anche il brillantissimo Michel faceva il dog-sitter per potersi permettere di vivere da solo e studiare. Sfido chiunque a fare il dog sitter e trovare i soldi per:

- pagare affitto (a meno che papà non ti abbia comprato casa a tua insaputa)
- pagare bollette
- avere i soldi per supermercato (e si, se non mangi non vivi)
- pagarsi i trasporti (automobile o mezzi pubblici)
- pagarti le tasse universitarie
- vestiario
- varie ed eventuali (vacanze, viaggi, ecc...)

Caro Michel, l'umiltà è la caratteristica dei vincenti, non i titoli blasonati e le conoscenze influenti

giovedì 5 gennaio 2012

I progressi di Roma grazie alla cura Alemanno

Nel 2007 Gianni Alemanno impostò la sua campagna elettorale a sindaco di Roma principalmente sulla sicurezza. Cavalcò l'onda dell'indignazione riguardo l'omicidio Reggiani, come da buona tradizione xenofobo fascista promise 20.000 espulsioni oltre alla promessa di migliorare la qualità della vita e lo sviluppo nella capitale.

Sono stato a Roma a cavallo tra Dicembre e Gennaio e ho trovato una città sempre più sporca, con la puzza di escrementi anche nelle vie principali, in stato di degrado e peggio di come l'avevo lasciata.

Ma questo è nulla in confronto all'ondata di violenza che ha invaso la capitale in barba alle dichiarazioni populiste del sindaco Alemanno.

Forse era troppo impegnato ad assumere parenti e amici neofascisti nelle municipalizzate di Roma, oppure era occupato a trovare i fondi per acquistare l'immobile in via Napoleaone III sede della peggior porcilaia fascista (leggi casapound).

giovedì 22 dicembre 2011

PD e PDL, due facce della stessa moneta

L'artilolo in prima pagina del Fatto Quotidiano di oggi titola "Barricata bipartisan contro i tagli alla casta"

In breve quando si toccano le tasche dei politici, cercando di abolire i privilegi ingiustificati della loro casta, non c'è differenza di schieramento, niente abolizione dei vitalizi e/o doppi incarichi. Che tradotto significa, noi comandiamo, siamo dei privilegiati e così dovrà essere, se c'è la crisi e bisogna tirare la cinghia la cosa non ci riguarda, per quello ci sono i comuni cittadini.

Poi non mi si venga a dire che PD e PDL non sono due facce della stessa moneta