mercoledì 27 ottobre 2010

Il lusso della giusta retribuzione per il lavoro svolto

Il parlamento si ferma per tre settimane, questa è la denuncia di Rudi Russo, Coordinatore Nazionale Giovani IDV e Consigliere Regione Toscana sul suo blog. Cosa succede? Non c'è più niente da legiferare? L'emergenza rifiuti in Campania? La disoccupazione crescente? La riforma della scuola e dell'università? Il precariato? Potrei continuare per ore....

La cosa è passata un pò in sordina. Gli organi d'informazione televisivi, visto che l'italiano medio si informa dalla televisione, non hanno dato risalto alla notizia. Poi dicono che i Tg non sono in gran parte asserviti al potere della casta. Ma la cosa era prevedibile da qualche mese come dichiara il senatore Furio Colombo in un'intervista a Il Fatto Quotidiano.

Quando leggo che il parlamento si fermerà sul serio per tre settimane, subito mi si apre un cassetto nel cervello.

C'è ancora qualche parlamentare che afferma di non essere pagato abbastanza, cerco un pò (nemmeno tanto) e trovo l'intervista all'on. Gabriella Carlucci.

L'on. Carlucci afferma che lei lavora "Ventiquattrore su ventiquattro. Dormo tre o quattro ore per notte perché io da Montecitorio mi porto il lavoro a casa! Devo studiare, devo leggere… Faccio delle interpellanze? Ebbene, mi devo preparare, mica posso scrivere delle stronzate!".

Onorevole, lei non è l'unica a lavorare a casa su questo pianeta e le posso assicurare che la stragrande maggioranza non riceve compenso per il lavoro svolto fuori dagli orari canonici. Non vorrei portarle l'esempio di molti insegnanti che devono preparare la didattica a casa senza che vengano pagati. Molti dei quali sono malretribuiti e precari. Loro non prendono il suo stesso stipendio e non avranno la pensione d'oro che percepirà lei a fine mandato anzi, non sanno nemmeno se lo avranno un lavoro il prossimo anno scolastico. O di chi svolge un lavoro ad alto profilo intellettuale come chi fa ricerca, anche loro se non studiano e leggono rischiano di scrivere stronzate. Secondo lei questa gente non si porta il lavoro a casa? La differeza è che però non vengono retribuiti quanto lei. Solo per questo, onorevole, si dovrebbe vergognare.

Ma l'onorevole continua dicendo "Un operaio quando va a casa ha lasciato i suoi problemi nel suo ufficetto. Io quando vado a casa ho ancora i miei problemi di lavoro". Vengono quasi le lacrime agli occhi, poverina, si porta i problemi a casa...

Caro onorevole, vogliamo parlare di tutti i precari che non hanno la possibilità di un futuro dignitoso in questo paese governato da gente come lei? Persone che non possono permettersi una casa, perchè nessuna banca apre un mutuo ad un lavoratore con contratto a termine. Secondo lei questa gente non si porta i problemi a casa? Non pensa "Quando temina il mio contratto, se non trovo un lavoro, come farò a pagare l'affitto? Come farò a vivere?".

Lei, onorevole, è il perfetto rappresentante della casta di nominati, perchè lei non è stata eletta ma nominata. Nella sua cieca avidità ha perso totalmente il contatto con il paese reale. Tutti abbiamo diritto ad essere pagati per il proprio lavoro e visto che il suo stipendio e la pensione che ne deriverà sono "di lusso", la invito ad evitare paragoni con chi ha meno di lei e lavora almeno quanto lei. In questo paese spesso capita di continuare a lavorare anche se si viene pagati saltuariamente, perchè in tempi di crisi come questi non si riesce a trovare di meglio. Dovrebbe occuparsi di questo visto che, in quanto parlamentare, è una nostra dipendente.

Poi ci si chiede del perchè dilaga l'antipolitica.

Ps.
Invito a prendere visione del comunicato stampa dell'ACRI - Associazione di Fondazioni e di Casse di Risparmio Spa, "Gli Italiani e il Risparmio".

lunedì 25 ottobre 2010

L’IDEA DI UNITA’ NAZIONALE NELL’ ITALIA MERIDIONALE: IL PLEBISCITO DEL 1860 (Poggio Imperiale “paese contro”)

Vi riporto l'intervento della Prof, Antonietta Zangardi in occasione del 150° anniversario del Plebiscito che sancì l'annessione dell'Italia Meridionale al Regno Sabaudo.

IL Plebiscito del 21 ottobre 1860: Poggio Imperiale “paese contro”
21 ottobre 2010

Buona sera a tutti gli intervenuti
Auguro a tutti i presenti una piacevole serata di Storia.
Sì, di Storia,
quella con le date e i documenti,
quella che forse a qualcuno a scuola non piaceva, ma che diventa una passione, quando i fatti narrati ci coinvolgono,
quella che ci fa vivere il presente, senza dimenticare il passato,
quella che ci fa progettare un futuro migliore,
quella che racconta gli avvenimenti Grandi: macrostoria, e quelli più decentrati: microstoria,
quella che, nel ricostruire il passato ci costringe ancora oggi, purtroppo, a dividerci in schieramenti senza aver il coraggio di arrivare ad una pacificazione e voltare pagina,
quella che gli storici raccontano dopo aver ricercato i documenti negli Archivi maggiori: Archivi di Stato, Archivi Regionali e Provinciali
e negli archivi minori: archivi comunali, scolastici, ecclesiastici ed anche gli archivi di memoria.

Stasera, in breve, vogliamo leggere e comprendere un avvenimento della nostra storia locale: Il Plebiscito del 21 ottobre 1860, indetto dopo la spedizione dei Mille e la conseguente liberazione dell’Italia Meridionale dai Borbone.
Liberazione.
Qualche storico parla di: Occupazione, perché il popolo meridionale sarebbe passato dalla sottomissione borbonica a quella sabauda.
Ma non tocca a noi sciogliere questo dilemma.

Presentiamo IL FATTO, avvenuto giusto 150 anni fa, tratto dall’opuscolo di Giovanni Saitto, I giorni del Plebiscito edito da “Grafiche Quadrifoglio”, stampato nel 1995.
Spedizione dei Mille nel Regno delle due Sicilie, Italia meridionale 5 Maggio 1860
Sbarco a Marsala 11 Maggio
A Salemi tre giorni dopo, Garibaldi assumeva pieni poteri in nome dell’Italia e di Vittorio Emanuele II, diventando dittatore.
Dopo aver occupato tutta la Sicilia comincia la marcia verso Napoli

Salerno fu occupata il 6 settembre, nello stesso giorno il re Francesco II di Borbone e sua moglie Maria Sofia si rifugiavano a Gaeta.

Dopo la battaglia sul fiume Volturno il Dittatore Generale Garibaldi poteva entrare trionfalmente a Napoli, acclamato dalla folla festante.

La dittatura garibaldina ebbe breve durata, perché l’8 ottobre 1860 il Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro degli Interni, Raffaele Conforti, indisse il Plebiscito, (plebis scitum decisione del popolo) chiamato a scegliere.

Il Decreto comprendeva 9 articoli nei quali si stabilivano le modalità del voto: Votare SI o NO al seguente quesito, anzi alla seguente affermazione: “Il popolo vuole l’Italia una ed indivisibile con Vittorio Emanuele Re Costituzionale e suoi legittimi discendenti”
La plebe, il popolo. Da chi era formato il popolo votante: intellettuali, qualcuno, proprietari terrieri, pochi e una massa di contadini analfabeti.
Le amministrazioni locali erano guidate soprattutto da borghesi e proprietari terrieri ostili agli intenti democratici e che tenevano a bada una moltitudine analfabeta, perché temevano una decisione popolare che attentasse al loro potere.
Il Plebiscito fu accolto con entusiasmo in tutte le Province meridionali ed in tutta la Capitanata.
In una circolare a firma del marchese Giorgio Pallavicino Trivulzio, Prodittatore delle Province napoletane, inviata ai Governatori delle province meridionali, si invitava ad adottare i più efficaci provvedimenti affinché tutte le opinioni potessero manifestarsi liberamente.
La sentenza che sarebbe uscita dalle urne avrebbe deciso le sorti del Reame di Napoli e avrebbe rivelato alle nazioni che la Terra del Sannio e della Magna Grecia, ove sorse la prima civiltà d’Occidente ed ove si udì per la prima volta il nome santo d’Italia, era degna di far parte della grande famiglia italiana. (Già si presagiva la vittoria del SI)

A Poggio Imperiale la notizia di tutti i fatti che stavano cambiando l’organizzazione politica e sociale del Sud fu accolta con distacco ed indifferenza.
( “che me ne ‘mporta a mme” Prima fase di reazione del terranovese).
“( leggo testualmente dall’opuscolo di Giovanni Saitto) …il clamoroso annuncio dell’ingresso di Giuseppe Garibaldi in Napoli, non riuscì ad eccitare il già gelido temperamento dei terranovesi”.

L’allora Sindaco, Antonio Caroppi non rese di pubblica opinione tutti i fatti che modificavano l’assetto politico del Sud, però mandò una lettera ambigua al Governatore di Capitanata, affermando che il popolo terranovese aveva festeggiato l’entrata di Garibaldi a Napoli, con gioia e contento indicibile (carteggio anno 1860, Fondo Affari Militari.)

Ma come avrebbe potuto gioire il popolo se non era stato adeguatamente informato? I pochi liberali che vi erano a Poggio Imperiale, non avevano avuto il coraggio di concedersi alcuna manifestazione di giubilo, per paura di ritorsioni.

Da Foggia arrivarono, intanto i bollettini per il voto: 800 bianchi con il SI e 400 con il NO.
Come mai questa disparità di numero, perché non uguali il SI e il NO?
I proprietari terrieri erano preoccupati perché il voto sarebbe stato palese e plurimo per garibaldini e galantuomini.
L’allora parroco Leone Brunone nelle omelie invocava la Vergine affinchè distruggesse le milizie piemontesi.

In definitiva, però a Poggio Imperiale le operazioni di voto si svolsero nella sala comunale, con correttezza e tranquillità. Il popolo intimorito e confuso espresse il suo voto PALESE.
Il 29 ottobre 1860 fu effettuato lo scrutinio: su 278 votanti, 72 votarono Si all’annessione al Regno d’Italia e 206 votarono NO.
Unico paese del distretto di San Severo che rigettava il plebiscito e votava contro l’annessione al Regno d’Italia.
In tutto il Regno i voti affermativi furono 1.302.064, i negativi 10.312. Fu, quindi sancita l’annessione della terra del Sannio e della Magna Grecia al Regno d’Italia.
I cafoni del Sud, considerati peggiori dei beduini, gli straccioni del Sud (così definiti dal luogotenente del Re a Napoli) avevano deciso con il Plebiscito di unirsi all’Italia.

Torniamo a Poggio Imperiale “paese contro”
Per timore di una insurrezione, il giudice di Apricena chiedeva di inviare nel paese i militi.
La notizia di una possibile rivolta a Poggio Imperiale, si diffuse nei centri vicini. Tale notizia venne appresa da una “compagnia di volontari vestiti alla garibaldina” d'istanza a San Severo, al comando del tenente colonnello Giovanni Viglione, il quale decise di riportare l’ordine nel piccolo “paese contro”.

La truppa dei “Cacciatori del Gargano” forte di circa cento uomini, tra cui il maggiore, Giuseppe de Cicco, nostro compaesano, giunse a Poggio Imperiale alle tre di notte il 30 ottobre.
I garibaldini posero in stato d’assedio il paese e, avendo trovato nella Casa Comunale le statue di Francesco II di Borbone e della consorte Sofia e non gli stemmi e i ritratti del Re Vittorio Emanuele, con un’ordinanza del 31 ottobre vietarono adunanze in tutti i luoghi pubblici e vietarono di asportare con sé ogni sorta d’armi.
Fu arrestato il cancelliere comunale e Capitano della Guardia Nazionale Primiano de Palma, per aver favorito la vittoria del NO. Nell’atto della votazione, infatti, dava il NO invece del SI agli analfabeti.
Il Viglione commise degli abusi, disarmò la Guardia Nazionale, vera istigatrice, secondo lui, del presunto moto insurrezionale, moto che non era mai scoppiato.
Insultò i militi davanti ad un numeroso pubblico di terranovesi, accorsi per curiosare. La folla. La massa.
La piazza era gremita di gente
( “Ma vide nu poco ch’enne cumbenate”, seconda fase della reazione del terranovese) seguita al ( “che me ne ‘mporta a mme”)
In piazza, tra la folla, vi furono momenti di incertezza drammatica, salvati da Francesco Paolo de Seriis, nostro concittadino dai chiari sentimenti liberali, che dal balcone della sua casa in piazza, mostrando un quadro riproducente i volti del nuovo re, Vittorio Emanuele II e Garibaldi, prese ad urlare a squarciagola: Viva il Re Galantuomo, Viva l’invitto Duce Garibaldi.

COLPO DI SCENA
A lui si unì la Guardia Nazionale ed il popolo, anzi, la folla, la massa, gridando: Viva Vittorio Emanuele II (tarallucci e vino).
Il de Seriis scese tra la folla gridando: Viva l’Unità d’Italia, abbasso il Borbone tiranno. Lo stesso de Seriis che non aveva avuto il coraggio di inneggiare con gli altri liberali all’ingresso di Garibaldi a Napoli, per paura di ritorsioni.
Il popolo terranovese applaudiva festante. Lo stesso popolo che s’era fatto convincere a votare NO all’annessione al Regno d’Italia

Adesso arriva il bello

Il 1° Novembre nella sala Comunale gli ufficiali dei Cacciatori del Gargano imbastirono un fugace processo, durante il quale il popolo si svegliò.

Tante le testimonianze e i testimoni.
(S’innesca la terza fase della reazione terranovese: “li ja fa vedè jne. Mo ce li ja fà”).
Cosa successe: il de Seriis accusò il parroco. Dietro pressione degli amici della libertà, fu liberato il de Palma, capo della Guardia Nazionale, al quale furono chieste le cause che indussero gli elettori di Poggio Imperiale ad esprimere il proprio dissenso all’annessione. Il de Palma si discolpò accusando il cassiere. Fu lamentato l’abuso di potere. Le accuse rimbalzavano.
Il popolo terranovese s’era svegliato dal suo torpore!!!
Tutte le deposizioni confermarono che nessuno sapeva dell’ingresso di Garibaldi a Napoli e che i filo liberali non poterono esultare.
Tutti i militi della Guardia nazionale testimoniarono contro il loro Capo, Primiano de Palma e “salirono sul carro dei vincitori”.
In conclusione, si trovarono i capri espiatori. Il de Palma ed i possidenti furono accusati di aver organizzato i moti reazionari (che non erano mai avvenuti), fu sciolta la Guardia Nazionale e ne fu organizzata un’altra con un nuovo comandante e nuovi militi.

Nel paese tornò, così la calma e la serenità. La bufera passò. Si poteva ritornare a sonnecchiare.
Poggio Imperiale accettò il nuovo sistema.
So viste ‘na cose appese, sacce s’jeve ciucce o piamuntese! Una massima ripetuta dai nostri avi a ricordo di questa vicenda.

E allora?
Ognuno di noi può trarre da questo avvenimento le giuste conclusioni. Evidenziare i pregi e i difetti di un popolo non è facile. Forse pregi e difetti li assommiamo tutti perché non possiamo dimenticare che la popolazione di Poggio Imperiale fu formata da gente di tutti i paesi vicini, che portò con sé oltre alla famiglia anche il modo di agire, di pensare, l’educazione, il comportamento.
Da questo episodio della nostra storia risalterebbe l’ambiguità del popolo terranovese. Ma, è improprio parlare di “popolo”. È più giusto parlare di “folla”, “massa”.
La folla (di manzoniana memoria), è molto influenzabile. Spesso le scelte della massa sono provocate dall’emotività del momento e non scaturiscono da una responsabile valutazione. Non dimentichiamo che la folla era formata da contadini analfabeti soggetti al padrone, analfabeti e sfruttati, senza conoscere i propri diritti.
Oggi che da “folla” e “massa” siamo divenuti “popolo”, con la coscienza precisa dei nostri diritti e la consapevolezza dei nostri doveri, siamo obbligati a costruire un futuro migliore: dobbiamo svegliarci dal torpore per diventare “sentinelle” dello sviluppo culturale, economico, civile di questo piccolo paese.
Concludo, così come conclude il Saitto a pagina 31:

- Non tralascerei al caso neanche il comportamento della cittadinanza terra novese, anch’essa in principio avversa al Re Galantuomo ma poi, vistasi insidiata ed oltraggiata dall’ufficiale dei “cacciatori del Gargano”, si unisce alle guardie nei nuovi sentimenti liberali ostentati dai piemontesi…
Sull’onda di tanto entusiasmo per l’unificata nazione, di lì a poco, un’atroce tragedia stava per abbattersi sul neonato Stato italiano.
Una vera e propria guerra civile, frutto appunto dell’unità, che ha causato lutti e rovine nella maggior parte delle famiglie meridionali, liquidata dai piemontesi con l’epiteto di “brigantaggio”. –

Antonietta Zangardi

giovedì 21 ottobre 2010

Un serpente che si morde la coda

In questo paese sta prendendo piede il malcostume che chi lavora non è detto che debba essere pagato. Questo è in linea con nuovo-medioevo che tutti temono dove chi ha, se lo tiene stretto e chi non ha è condannato alla miseria fino alla terza generazione.

Il malcostume pervade sopratutto le categorie non allineate al potere. Come se fare il proprio lavoro sia una concessione data dal "neo-feudatario", che la concede in base al potere derivato dal suo status di vassallo.

C'è chi viene ancora pagato, ma solo se è "arma di distrazione di massa" e se contribuisce alla desertificazione delle menti, passo fondamentale per sprofondare in un nuovo-medioevo.

Un serpente che si morde la coda

martedì 19 ottobre 2010

Tempi incerti

Tempi incerti quando, dopo tanto rumore sulla legalità da parte di Futuro e Libertà, li vediamo votare il commissione giustizia a favore dello scudo sul premier.

Tempi incerti quando tra enormi difficoltà si cerca di mandare in onda un programma che denuncia le organizzazioni mafiose ma possiamo gustarci Signorini che disquisisce sul figlio del camorrista nella casa del Grande Fratello, forse fa più audience la camorra vista dalle telecamere della casa.

Tempi incerti quando a Terzigno e a Cagliari i cittadini protestano per far valere i propri diritti sulla casa, sul lavoro, e come risposta dallo stato ci sono i soliti manganelli.

Tempi incerti quando per comprare casa non trovi nessuno che ti conceda un mutuo ma se hai società off-shore puoi comprare delle super ville (almeno 20) e magari governare un paese.....