domenica 11 dicembre 2011

L'incapacità di Antonio Di Pietro

In Italia la politica ha fallito, infatti è in carica un "Governo tecnico" con il compito di fare le scelte inpopolari che i partiti non sono stati in grado di fare. Questo perchè tutti i partiti temono di perdere le elezioni politiche del 2013, allora chi meglio di un governo tecnico per fare scelte dolorose?

Una classe politica come la nostra, autoreferenziale, incompetente, clientelare, dedita solo al proprio tornaconto personale. Mi riferisco a tutto l'emiciclo parlamentare, dall'estrema destra all'estrema sinistra.

Molti diranno che non tutti i partiti sostengono questo governo, è vero...

Ma stiamo parlando della Lega Nord, partito che al grido di 'Roma ladrona' ha dentro di se il seme della corruzione in pieno stile Scajola leggi qui l'articolo.

Ma il peggiore di tutti è quest'uomo qui (video), eletto, si fa per dire, con l'Italia dei Valori e ora passato a Popolo e Territorio.

L'incapacità di Antonio Di Pietro nello scegliere i suoi deputati ha portato in parlamento mostri come Silipoti e Razzi

venerdì 2 dicembre 2011

La vergogna degli stage

Sappiamo bene tutti come in Italia la flessibilità sul lavoro si è tradotta in sfuttamento, ma qui si rasentano le condizioni lavorative degne di paesi del terzo mondo.

Potete vedere qui un annuncio dove si offre uno stage con una retribuzione quasi inesisitente (dicesi rimborso spese) e solo a chi si può permettere di mantenersi per parecchi mesi a Milano.

In poche parole vogliono che il candidato sia plurispecializzato e non intendono pagarlo, al paese mio questo si chiama SFRUTTAMENTO

In fondo trovate la mail del responsabile da contattare, se volete scrivetegli....

Una designer italiana migrata all'estero, perchè in Italia purtroppo esistono persone come il sig. Politi, scrive alla redazione.

Il Fatto Quotidiano riporta lo scambio di mail che trovate qui

giovedì 31 marzo 2011

Le figure femminili del Risorgimento

Relazione tenuta il 29 marzo 2011 dalla prof. Antonietta Zangardi
presso “Berardi cafè” di San Severo
nell’ambito delle serate culturali del “Centro Einaudi”
in occasione delle celebrazioni dei 150 anni dell’Unità d’Italia


Nel Risorgimento le donne ebbero posizioni marginali? Furono relegate nel ruolo di compagne sbiadite ed insignificanti? Di mogli sedotte? Di zitelle devote? Di amanti? Oppure furono guerriere che si interessarono alle vicende politiche? Collaborarono con gli uomini nelle scelte che determinarono il futuro dell’Italia e dell’Europa? Coprirono ruoli decisionali e primari?
Cosa centrano le donne negli affari di guerra? Cosa nella politica e nella organizzazione degli Stati? Non dimentichiamo che siamo nel Milleottocento epoca in cui la donna era da considerare soprattutto come moglie degli eroi o madre virtuosa. Non dimentichiamo, ancora che fu proprio nel censimento del 1881 che furono inventate “le casalinghe”.
Tutte queste domande ci siamo poste per iniziare la ricerca delle donne che presero parte attiva al Risorgimento, perché nelle celebrazioni dei 150 anni dell’Unità d’Italia, pochi si occupano delle donne che volevano essere italiane, presi come sono dagli eroi, dagli uomini che segnarono la nostra storia del Risorgimento.
Ecco che abbiamo cercato e trovato un po’ di donne che furono vere protagoniste della Storia del Risorgimento. Furono eroine e combattenti, ambasciatrici e rivoluzionarie. Si sono interessate di politica usando anche il sistema millenario del fascino femminile. Uscirono dai salotti e salirono sulle barricate, in una mobilitazione che è stata ingiustamente rimossa.

Cominciamo la breve carrellata con la donna simbolo del Risorgimento: Anita legata al grande Giuseppe Garibaldi in una storia d’amore, la più famosa di tutto il Risorgimento.
Un insigne studioso, Alberto Mario Banti, nota che Anita occupa circa dieci pagine delle centinaia delle Memorie, comprese quelle assai toccanti, ma un poco sbrigative della fuga da Roma, con lei incinta e malata, e della morte. Il vero protagonista di questa storia d’amore fu Garibaldi, perché la presenza di Anita nella sua vita fu devota e silenziosa.
Garibaldi era preso dalla seduzione della donna guerriera e nelle sue truppe non mancarono mai ragazze scappate di casa, travestite da uomo e pronte ad immolarsi in battaglia, come fece la ventenne Colomba Antonietti, che combattè a fianco del giovane marito ufficiale finché una cannonata le spezzò la schiena, mentre difendeva Roma dalle truppe francesi.
La presenza di queste donne erano eccezioni che la storiografia ufficiale ignorò.
Le donne di Giuseppe Mazzini furono abbastanza devote e silenziose, scapolo circondato da amiche, amanti ed alleate devotissime, come Giuditta Sidoli, che per seguirlo venne privata del diritto di vedere i figli e fu più volte arrestata.
Grande figura femminile fu la madre, Maria Mazzini Drago, che faceva sorridere i contemporanei a causa della sfrenata ammirazione riservata a qualunque prestazione dell’unico figlio maschio, dai voti di scuola, fino all’esilio. Interveniva nella sua vita sentimentale tenendogli la corrispondenza con un nugolo di amiche inglesi.
Virginia Oldoini, passata alla storia come la Contessa di Castiglione fu la più bella donna del secolo, che ha fatto l’Italia ed evitato al Papa di dover fuggire da Roma.
Donna straordinaria, molto in anticipo sui tempi, bellissima ed emancipata; innovò la corte incartapecorita di Torino e meravigliò quella brillante di Parigi: Cambiò la moda e i costumi sociali, e non solo, ciò che è più sconvolgente è che “fece politica”. Il suo contributo alla causa italiana, ingigantito dai divulgatori, fu ignorato dagli accademici in quanto sia le lettere che i documenti e le pagine di diario sulla sua relazione con l’imperatore Napoleone III furono distrutti dopo la sua morte.
Il cugino Camillo Benso, conte di Cavour l’aveva inviata a Parigi con l’obiettivo di entrare nelle grazie dell’imperatore. Solo lei con la sua bellezza e la sua spregiudicatezza poteva riuscirci. Il geniale Costantino Nigra, altro protagonista, accorto diplomatico del Risorgimento, ma poco ricordato, creò alla corte di Parigi un clima di attesa che la contessa saprà ben sfruttare. Virginia aveva solo diciotto anni ed aveva già incantato Torino. Il suo declino fu malinconico, resterà la storia di una donna dalla modernità incompresa e strumentalizzata dai suoi contemporanei.
Si poteva essere ammesse al Pantheon, in quanto mogli dell’eroe e così fu per Teresa Confalonieri, colta e raffinata, angosciata dopo aver convinto l’imperatore a commutare la condanna a morte del marito Federico Confalonieri, nel carcere a vita da scontare nella fortezza dello Spielberg.
Grande donna anche la madre del Confalonieri, Adelaide Cairoli, che aveva perso quattro dei suoi cinque figli maschi, senza mai smettere di incitarli all’amor di patria.
Amica di Teresa Confalonieri fu Antonietta De Pace, di Gallipoli. Fervente mazziniana, ardita e prudente, indomita e battagliera, prese parte attivamente ai moti del 1848, in terra d’Otranto. Istintiva e coraggiosa, donna moderna, senza tempo, lottò per il riscatto del suo popolo. Essendo nobile e ricca, istruita e bella, non aveva bisogno di cercare gloria, eppure non esitò a mettere in gioco tutto ciò che possedeva per combattere la tirannia e le ingiustizie.
Negli archivi troviamo lettere di eroi alle loro donne, non quelle di queste ai loro amati. Le lettere e le biografie delle donne subivano la censura prima della famiglia e poi quella della memoria.
Laura Guidi, docente dell’Università Federico II di Napoli, ha ricostruito uno scandalo avvenuto nel 1847, quando Enrichetta Di Lorenzo di 27 anni, sposata e madre di tre bambini, piantò tutto e fuggì con Carlo Pisacane, con due pistole pronte per il suicidio di entrambi nel caso li avessero arrestati. Condivisero un decennio di vita errabonda e di progetti rivoluzionari che lei valutava con maggiore lucidità di lui, tanto da opporsi con durezza alla spedizione di Sapri, dove Pisacane morì inutilmente insieme a decine di altri patrioti.
La scrittrice Marta Boneschi è autrice della biografia di Metilde Viscontini, una milanese borghese, cospiratrice nel 1821, amica del Foscolo e di Stendhal, aveva lasciato un marito violento, rivendicando la supremazia dei sentimenti come ragione d’ogni scelta politica e personale.
Anche la principessa Cristina Trivulzio di Belgiojoso, che si fa confiscare il patrimonio per motivi politici, fugge a Parigi, per un po’ si mantiene lavorando, apre salotti, fonda giornali ed ospedali e, trovandosi a Napoli durante la rivolta milanese del 1848, organizza in pochi giorni un piccolo esercito di volontari per correre in sostegno alla sua città.

Tutte queste sono solo alcune delle tante donne del Risorgimento che si attivarono per l’Unità del popolo italiano. E tutte queste donne sono troppo eccentriche per essere dei modelli. È per questo che furono dimenticate?
Sulle barricate delle cinque giornate morirono moltissime donne del popolo. Maria Canella, storica dell’Università di Milano, ricorda che il decesso “per fucilate” di molte donne fu registrato nell’Archivio di Stato. L’artigiana Luisa Battistotti Sassi, disarmò un soldato austriaco, ne catturò altri cinque con la sua pistola ed espugnò un deposito di munizioni sul Naviglio.
La condizione femminile dell’Ottocento era concentrata sul lavoro, molte le attività commerciali gestite da donne, aumentarono le maestre, le infermiere, le impiegate, le modiste. Nessuna di esse finì nei libri di Storia. Si riconosceva il lavoro maschile, alle donne si chiedeva di lavorare per “costruire la nazione”, valorizzando la loro missione naturale di educatrici e madri. Ecco perché parliamo di figure femminile, perché il ruolo delle donne era relegato a quello di educatrici che dovevano curare la mobilitazione delle coscienze per avviare un processo di identità nazionale, il cambiamento dei costumi e dei sentimenti del popolo italiano.
Per il resto la storia delle donne è arcinota a tutti: al voto ci arrivammo nel 1946, quarant’anni dopo la Finlandia.

martedì 22 febbraio 2011

Il genocidio e gli affari

Genocidio, questa è la parola per descrivere quello che sta accadendo in questi giorni in Libia, tra l'altro come definire i bombardamenti sui manifestanti contro il regime del Colonnello Gheddafi. Le armi che stanno massacrando la popolazione libica provengono da Russia, Francia, Gran Bretagna e Italia.

Nel 2008 nel "Trattato di cooperazione e amicizia" tra Italia e Libia, all'articolo 20 si legge "Si impegnano altresì ad agevolare la realizzazione. di un forte ed ampio partenariato industriale nel settore della Difesa e delle industrie militari."

Dopo i primi morti nelle piazze libiche, la posizione del Governo italiano è stata debole. Rasentando l'indecenza, la prima cosa che è venuta in mente a B. è stata di non volerlo disturbare. D'altra parte cosa ci si può aspettare da chi ha baciato le mani insanguinate del dittatore libico.

Ma a cosa porterà il precipitare della situazione, in un paese forse destinato alla guerra civile, dove il dittatore dichiara la ferma volontà a rimanere al potere fino alla morte.

Ovviamente migliaia di morti.

Morti che sono sulla coscienza di chi ha venduto le armi ad un feroce e sanguinario tiranno. Colpe che ricadono anche sull'Italia, che pur di fare affari ha armato un dittatore scellerato che non esita a bombardare le folle che lo contestano.

Il genocidio continua

venerdì 18 febbraio 2011

A qualcuno piace servo

Riporto le prime righe dell'editoriale di Maurizio Belpietro sulle pagine di Libero di stamattina, seguirà un'analisi del testo.

"Ci hanno messo trent’anni, ma alla fine anche i più fedeli sostenitori stanno cominciando a capire che Gianfranco Fini è solo un paio d’occhiali sul nulla. Il copyright non è mio ma di Stenio Solinas, uno che lo conosce bene avendo militato con lui nei giovani missini. Quando lo scrisse sul Giornale che allora dirigevo successe il finimondo: il boss di An all’epoca era ancora accucciato ai piedi di Berlusconi e dunque le reazioni del centrodestra a difesa del futuro presidente della Camera furono compatte. Un ministro mi inviò una vibrata lettera, mentre Fini si rivolse direttamente al Cavaliere, minacciando ritorsioni. Grazie a questo tipo di protezione, negli anni in cui ha guidato Alleanza nazionale è stato esente da critiche: quasi nessuno si è permesso di fargli le pulci, ricordandogli errori e voltafaccia, che ci sono stati e pure in gran numero."

Premetto che non è mia intenzione voler difendere Fini da questi giornalisti che si occupano solo delle vicende personali del loro padrone, invece di parlare di sviluppo e innovazione del paese.

Voglio farvi notare alcuni punti, tipo "accucciato ai piedi di Berlusconi". Cosa significa? Che il degno posto di qualsiasi politico di destra è di stare accucciato ai piedi di B? Che B è il padrone e tutti devono essere "accucciati" ai suoi piedi? Prima evidenza di come funzionano le cose da quelle parti, ma continuiamo.....

"Fini si rivolse direttamente al Cavaliere, minacciando ritorsioni. Grazie a questo tipo di protezione, negli anni in cui ha guidato Alleanza nazionale è stato esente da critiche". Allora la macchina del fango esiste, chi non è "accucciato" ne subisce il vile attacco, basta rivolgersi a lui e tutto tace......

In questi giorni il Presidente della Camera Fini sta vedendo sfaldare il suo gruppo di FLI al Senato. Ha poi dichiarato "Silvio allarga la maggioranza grazie al suo potere mediatico e finanziario". Come se non lo avesse mai saputo. E se B avesse un dossier su ciascun deputato di centrodestra, in cui ci sono peccati, vita, morte e miracoli? Con la legge elettorale attuale, dove i candidati sono nominati dai vertici del partito e non eletti, si potrebbero far eleggere solo persone ricattabili, di conseguenza degli yes-man.

È proprio vero che a qualcuno piace servo

venerdì 11 febbraio 2011

Le prime pagine dei giornali

Non si fa altro che parlare di Rubygate, festini, giusto, non giusto, attacchi alla magistratura, parole eversive.......

Basta, voglio sentir parlare di investimenti per il futuro non di possibili leggi ad personam. La stragrande maggioranza dei giornali non fa altro che parlare (pro o contro) di questo volgare scempio delle nostre istituzioni, mentre i telegiornali se non parlano di politica ci morificano con la cronaca nera. Si concentra l'attenzione mediatica sul concetto di paura, del diverso come dell'inevitabile declino.

Negli altri paesi europei, i governi sono al lavoro per essere competitivi all'uscita dalla crisi. Investono in sviluppo e ricerca mentre l'unica cosa che il nostro governo ha saputo tirare fuori dal cilindro è la modifica dell'art. 41 della Costituzione.

I media amplificano questo malessere bombardandoci sempre con le stesse notizie, basta un comunicato stampa, una frase rilasciata all'uscita di un palazzo da parte del politico di turno che ecco le prime pagine, roboanti nei titoli quanto vuote nei contenuti.

Ci stanno asfissiando, narcotizzando, pronti per essere docili, servizievoli, assuefatti a tutto.

mercoledì 9 febbraio 2011

La celerità delle riforme in Italia

La risposta alla crisi da parte del governo, sta nella volontà di voler cambiare l'art. 41 della Costituzione. Dopo che il debito pubblico ha superato il 120 per cento del prodotto interno lordo e il reddito degli italiani è diminuito di circa 1000 euro a testa.

Quando nel resto d'Europa gli interventi contro la crisi sono stati tempestivi, in Italia si sceglie la via del cambio della Carta Costituzionale, uno dei percorsi più lunghi che il nostro parlamento possa affrontare.

Complimenti per la celerità.....